Giovani e volontariato

L’idea che i nostri giovani siano esclusivamente ripiegati sul loro privato e si disinteressino della dimensione pubblica risulta inesatta se si tiene conto dell’importanza assunta dall’adesione a quelle forme di partecipazione sociale riconducibili al vasto mondo delle associazioni di volontariato.
I giovani non amano le forme di impegno che non rivelino subito la loro “utilità” in termini di gratificazioni simboliche e di conseguenze pratiche, ma è precisamente per questo che preferiscono dare il proprio tempo per affrontare un bisogno evidente ed immediato, piuttosto che promuovere “valori” ed “interessi” astrattamente intesi. Il bisogno di “concretezza” dei giovani non è in contrasto con la disponibilità a “donare” qualcosa di proprio, come il tempo (in genere abbondante) ed il denaro (in genere scarso).
Da una serie di attendibili ricerche campionarie risulta che, alla fine degli anni 90, il 20% circa dei giovani tra i 18-20 anni “aderisce” a forme di associazionismo (associazioni sportive, ricreative, culturali), in misura del tutto identica alle generazioni più adulte; superiore alla media è invece il numero di chi “partecipa” attivamente all’attività delle associazioni, sia pure con funzioni esecutive piuttosto che direttive. Tra le motivazioni di queste scelte, l’incidenza maggiore spetta agli aspetti espressivi e relazionali della amicizia e della socialità (“stare con gli altri”, “fare nuove amicizie”, “condividere esperienze”).
Circa un giovane su dieci svolge attività di volontariato per lo più in organizzazioni abbastanza strutturate piuttosto che in gruppi informali e spontanei. I giovani sono particolarmente impegnati in attività di carattere educativo, formativo, consulenziale, piuttosto che nella “visita a persone” o in “raccolte denaro”) si impegnano principalmente in lavori esecutivi più che non negli aspetti organizzativo-gestionali.
La loro azione è orientata particolarmente verso i più giovani e verso i più anziani, ha dunque un carattere intergenerazionale che talvolta sostituisce relazioni assenti nel proprio ambito familiare, per il fatto di non avere fratelli (essendo figli unici) o di non avere più rapporti con familiari stretti (nonni, zii, cugini).
Ma davvero è la crisi economica a scippare ai giovani il futuro? Solo in parte.
E’ causa determinante anche quella vita senza sogni, senza progetti e senza speranza che quotidianamente essi respirano nei loro ambienti di vita, nella cultura estranea della scuola, nel lavoro inteso come pura prestazione e guadagno, nella corruzione dell’amore, nel sentirsi ai margini, eppure ammalati, di un mondo di efficienza e di immagine.
Gli adulti sono parte in causa di questa caduta della speranza non solo perché si sono dati finora regole sociali egoiste e miopi, ma soprattutto perché non sanno riconoscere i giovani, non li chiamano, non li invitano a partecipare.
In tutto questo il mondo del volontariato e dell’associazionismo può e deve dare e creare gli spazi giusti per le risposte che i nostri giovani molto spesso non trovano altrove.
La nostra Associazione Anspi vive e lavora soprattutto con queste figure di volontariato attivo dove giornalmente ci si rimbocca le maniche per farsi traino dei propri circoli ed oratori, spazi sempre più indispensabili per una crescita integrale dei nostri figli.

Paolo Cavina          

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